È DAVVERO IMPOSSIBILE SEMPLIFICARE IL SISTEMA ITALIA? Una riflessione, una proposta

È DAVVERO IMPOSSIBILE SEMPLIFICARE IL SISTEMA ITALIA? Una riflessione, una proposta

Uno dei temi ricorrenti del dibattito elettorale, istituzionale ed economico è quello della semplificazione della elefantiaca, perversa e dispersiva macchina burocratico-legislativa italiana, concausa indiscussa dell’elevato tasso di corruzione e della minor competitività del sistema produttivo-oltreché, s’intende, dell’insofferenza del cittadino verso lo Stato.

I roghi pubblici di leggi superflue e i decreti “SbloccaItalia” non sembrano avere inciso più di tanto.

Quando un’azione apparentemente semplice si rivela inaspettatamente impervia, il cosiddetto “metodo scientifico” suggerisce di mettere in discussione la modalità di approccio al problema.

Per farlo potrebbe essere utile una riflessione sulla “procedura autorizzatoria semplificata” per gli interventi edilizi “di lieve entità” sotto il profilo paesaggistico-ambientale.

Tralasciamo i riferimenti normativi completi, non decisivi ai nostri fini, e leggiamo la norma che descrive la cosiddetta procedura semplificata.

Decreto del Presidente della Repubblica 13 febbraio 2017, n. 231

Art. 11. Semplificazioni procedimentali

  1. L’amministrazione procedente, ricevuta l’istanza, verifica preliminarmente se l’intervento non rientri nelle fattispecie escluse dall’autorizzazione paesaggistica di cui all’Allegato «A», ovvero all’articolo 149 del Codice, oppure se sia assoggettato al regime autorizzatorio ordinario, di cui all’articolo 146 del Codice. In tali casi comunica ai soggetti di cui ai commi 1 e 2 dell’articolo 9, ovvero al richiedente, ove non trovi applicazione il comma 2, che l’intervento non è soggetto ad autorizzazione o necessita di autorizzazione ordinaria.
  2. Ove l’intervento o le opere richiedano uno o più atti di assenso comunque denominati, ulteriori all’autorizzazione paesaggistica semplificata e al titolo abilitativo edilizio, i soggetti di cui all’articolo 9 indicono la conferenza di servizi, ai sensi degli articoli 14 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241. In tal caso, i termini previsti per le amministrazioni preposte alla tutela paesaggistica e dei beni culturali sono dimezzati.
  3. L’amministrazione procedente valuta la conformità dell’intervento o dell’opera alle prescrizioni d’uso, ove presenti, contenute nel provvedimento di vincolo o nel piano paesaggistico, anche solo adottato, ai sensi del Codice, nonché, eventualmente, la sua compatibilità con i valori paesaggistici che qualificano il contesto di riferimento.
  4. Ove non trovi applicazione il comma 2, si applicano le disposizioni di cui ai commi 5, 6 e 7.
  5. L’amministrazione procedente richiede all’interessato, ove occorrano, in un’unica volta, entro dieci giorni dal ricevimento dell’istanza, gli ulteriori documenti e chiarimenti strettamente indispensabili, che sono inviati in via telematica entro il termine di dieci giorni dal ricevimento della richiesta. Il procedimento resta sospeso fino alla scadenza del termine assegnato o alla ricezione della documentazione integrativa richiesta. Decorso inutilmente il termine assegnato, l’istanza è dichiarata improcedibile. Entro il termine tassativo di venti giorni dal ricevimento dell’istanza ovvero, in caso di richiesta di integrazione documentale, dal ricevimento dell’ulteriore documentazione richiesta, l’amministrazione procedente trasmette alla Soprintendenza per via telematica, anche fornendo ove possibile le credenziali per l’accesso telematico agli atti e ai documenti necessari ai fini dell’istruttoria, una motivata proposta di accoglimento, unitamente alla domanda ed alla documentazione in suo possesso. Se anche la valutazione del Soprintendente è positiva, questi, entro il termine tassativo di venti giorni dal ricevimento della proposta, esprime il proprio parere vincolante, per via telematica, all’amministrazione procedente, la quale adotta il provvedimento nei dieci giorni successivi.
  6. In caso di esito negativo della valutazione di cui al comma 3, l’amministrazione procedente, entro dieci giorni dal ricevimento della richiesta, ne dà comunicazione all’interessato, comunicando contestualmente i motivi che ostano all’accoglimento dell’istanza e le modifiche indispensabili affinché sia formulata la proposta di accoglimento. Con la comunicazione è sospeso il termine del procedimento ed è assegnato il termine di quindici giorni all’interessato entro il quale presentare le proprie osservazioni e il progetto adeguato. Ove, esaminate le osservazioni o gli adeguamenti progettuali presentati persistano i motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza, l’amministrazione competente al rilascio dell’autorizzazione paesaggistica, entro venti giorni, rigetta motivatamente l’istanza, con particolare riguardo alla non accoglibilità delle osservazioni o alla persistente incompatibilità paesaggistica del progetto adeguato e ne dà comunicazione al richiedente.
  7. In caso di valutazione negativa della proposta di accoglimento formulata dall’amministrazione procedente, il Soprintendente comunica per via telematica al richiedente, entro il termine di dieci giorni dal ricevimento della proposta, i motivi che ostano all’accoglimento dell’istanza e della proposta dell’amministrazione procedente, specificandoli in modo dettagliato, ed indica contestualmente le modifiche indispensabili per la valutazione positiva del progetto, a meno che quest’ultimo risulti incompatibile con i valori paesaggistici che qualificano il contesto di riferimento ovvero contrastanti con le prescrizioni d’uso eventualmente presenti e di ciò venga data idonea ed adeguata motivazione. Con la comunicazione è sospeso il termine del procedimento ed è assegnato al richiedente un termine di quindici giorni entro il quale presentare le proprie osservazioni e il progetto adeguato. Decorso il termine assegnato, la Soprintendenza, ove ne ricorrano i presupposti, entro il termine di venti giorni adotta il provvedimento motivato di diniego fornendo specifica motivazione, con particolare riguardo alla non accoglibilità delle osservazioni o alla persistente incompatibilità del progetto adeguato con la tutela dei beni vincolati e ne dà contestualmente comunicazione all’autorità procedente.
  8. Il parere del Soprintendente è obbligatorio e non vincolante e deve essere reso entro venti giorni dal ricevimento della proposta quando l’area interessata dall’intervento di lieve entità sia assoggettata a specifiche prescrizioni d’uso nel piano paesaggistico approvato ai sensi del Codice o nel provvedimento di imposizione del vincolo o negli atti di integrazione del contenuto precettivo del vincolo stesso adottati ai sensi dell’articolo 141-bis del Codice.
  9. In caso di mancata espressione del parere vincolante del Soprintendente nei tempi previsti dal comma 5, si forma il silenzio assenso ai sensi dell’articolo 17-bis della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni e l’amministrazione procedente provvede al rilascio dell’autorizzazione paesaggistica.
  10. Nel procedimento autorizzatorio semplificato non è obbligatorio il parere delle Commissioni locali per il paesaggio, salvo quanto diversamente disposto dalle leggi regionali.
  11. L’articolo 146, comma 4, del Codice si applica anche alle autorizzazioni paesaggistiche semplificate.

Tutto si può pensare, arrivati alla fine della faticosa lettura, tranne che si parli davvero di una procedura semplificata.

Come si coglie nel testo, i termini di cui sopra restano sospesi ogniqualvolta l’amministrazione richieda un’integrazione istruttoria, sia sostanziale sia formale.

In pratica, sono sufficienti un paio di integrazioni istruttorie – il cui riscontro può non essere del tutto agevole da parte dell’interessato – per arrivare comodamente a svariati mesi. Otto o dieci mesi per aprire una finestra o per demolire un vecchio rudere.

Quando, nel linguaggio quotidiano, si parla di procedura semplificata, ci si riferisce ad un problema che richiede una istruttoria elementare ed un intervento risolutivo di rapida attuazione. In effetti, aprire una finestra o demolire un vecchio rudere sembra proprio un tipico problema da procedura semplificata.

Il legislatore italiano sembra parlare un altro linguaggio. Può essere che vi sia un errore nel metodo di approccio?

Se leggiamo attentamente la norma, ci accorgiamo che la procedura è concepita per essere interamente espletata, da parte dei funzionari dell’amministrazione di volta in volta interessata, senza dover mai eseguire un accesso al luogo dell’intervento edilizio. Questo comporta che ogni dubbio debba essere chiarito mediante sospensione del procedimento, richiesta di integrazione istruttoria al cittadino, ricevimento della stessa, valutazione della sua adeguatezza e riattivazione del procedimento.

Un accesso sul luogo potrebbe, viceversa, risolvere ogni dubbio in un tempo brevissimo.

Trattandosi di interventi edilizi di lieve entità, una procedura semplificata coerente con il proprio nome potrebbe semplicemente prevedere:

– una richiesta del cittadino adeguatamente documentata sotto il profilo della “lieve entità” dell’intervento (planimetrie, fotografie, note storiografiche, eventualmente asseverate da un professionista), al fine di non indurre errori di valutazione della fattispecie nell’amministrazione interessata;

– nei casi in cui l’intervento risulti insignificante già dall’esame della richiesta, il formarsi del silenzio-assenso entro un breve termine;

– nei casi in cui pemane qualche dubbio, un sopralluogo entro breve termine da parte dei funzionari incaricati per verificare che la situazione di “lieve entità” prospettata dal cittadino corrisponda alla realtà, con espletamento diretto dell’eventuale supplemento istruttorio (fotografie, misurazioni, campionamento di materiali, etc.) e rilascio dell’autorizzazione entro breve termine;

– in caso di esito negativo del sopralluogo, il rigetto della domanda entro breve termine.

Il tutto potrebbe esaurirsi nell’arco di un mese al massimo, in quanto la dispersione dei tempi connessa alle richieste di integrazione documentale sarebbe superata dall’istruttoria in tempo reale svolta dai funzionari nell’ambito del sopralluogo.

Tuttavia una procedura semplificata di questo genere presuppone che il funzionario pubblico effettui l’istruttoria del procedimento “a domicilio” e non dal suo ufficio.

E’ questo l’unico, decisivo elemento di differenza. E qui si colloca, a nostro parere, l’errore metodologico che impedisce di semplificare il sistema italiano.

I procedimenti amministrativi -ma non soltanto quelli- sono tutti caratterizzati da questo approccio. Il funzionario pubblico attende nel suo ufficio che il cittadino fornisca quanto prescritto dalla legge e di volta in volta richiesto ad integrazione.

In questo modo, tuttavia, ogni valutazione preordinata all’autorizzazione conclusiva genera flussi di richiesta/consegna di documenti o informazioni che aumentano la massa cartacea e dilatano inevitabilmente i tempi. Laddove un sopralluogo potrebbe risolvere in tempo reale infiniti dubbi.

Si obietterà che il personale della Pubblica Amministrazione è insufficiente. Si dimentica, però, di quantificare l’enorme volume di tempo dedicato dal medesimo personale a leggere ed integrare la documentazione fornita dai cittadini, nonché a predisporre le richieste di integrazione documentale ed a visionarle. Un tempo mediamente non superiore -anzi, verosimilmente assai superiore- a quello indispensabile ad un sopralluogo di verifica.

E’ un radicale mutamento nella filosofia e nell’immagine dello Stato. Uno Stato attivo, alleato del cittadino, esigente e severo ma a disposizione degli interessi e dei progetti della collettività. Oggi abbiamo uno Stato inerte, che lascia ai cittadini e alle imprese l’intera fatica di mandare avanti il sistema-Paese, limitandosi ad attendere al proprio domicilio richieste, documentazioni e resoconti di quanto cittadini e imprese fanno o vogliono fare per mandare avanti il sistema-Paese.

La sensazione è che in questa antinomia risieda l’insuccesso delle semplificazioni e che nessuna efficace semplificazione sarà mai possibile sino a che non cambierà l’approccio al problema.

Milano, 20 dicembre 2018